CORNAGERA
Testo: Aurora Cantini
Foto: Aurora Cantini
Quando voglio elevare l’anima al cielo ed avvicinasi all’immensità, il mio luogo del cuore è la Cornagera. Per chi sale dalla media Valle Seriana sull’Altopiano Selvino Aviatico e prosegue la strada provinciale verso la frazione di Amora, vedersi apparire lo spettacolare e aguzzo triangolo roccioso della Cornagera, è una sorpresa che lascia sbalorditi.
Lo è ancor di più il rimirarla dal basso, a mezza costa, nei pressi del piccolo cimitero del borgo di Amora.
Lì, nel silenzio di pietre antiche, volti silenziosi e sguardi pacati, si afferra un legame profondo tra terra e cielo, lì, dove gli affanni terreni misurano la loro caducità di fronte al mistero, con la roccia dolomitica perenne che svetta sul cuore dei vivi e sul riposo dei morti. Da piccina la sogguardavo dal basso, aspra e nello stesso tempo fragile, e riconoscevo nei tratti e negli spigoli un volto, il volto della Montagna, il volto stesso dell’essere bergamasca della valle.
Più grande, avendo ricevuto incarico di insegnante a Cividino, quasi sul confine con la terra bresciana, l’enorme malinconia, data dal percorrere le sperdute campagne solitarie e piatte, si stemperava in una gioiosa e inebriante attesa quando, sulla strada del ritorno, appena superato il paese di Grumello, scorgevo il triangolo conosciuto, Lei, che mi diceva che là era la mia casa; la mia anima faceva un guizzo, proiettava in alto il proprio ardore e io mi consolavo”Anche per oggi ritorno alla mia terra”. Pure le partenze per i viaggi recavano il suo saluto: Dalla pista di Orio al Serio o dall’autostrada la si intravedeva solitaria, immobile come una mamma sulla porta di casa, a dare le ultime raccomandazioni. E il ritorno era la prima immagine che cercavo, individuandola subito, dietro il Misma, a lato del Rena, poco lontano dall’Alben e dall’Arera.
Sono legata alla mia terra di montagna come una radice sospesa, la sento vibrare in me in ogni respiro di vento, in ogni scricchiolare di foglia, in ogni sentiero nascosto. Ho ascoltato le poesie degli alberi frondosi che muovendosi nel dolce tramonto estivo cullavano i miei sogni bambini, o quando, carichi di neve, svettavano al cielo e mi portavano fin lassù, nell’azzurro, con le loro lunghe dita di diamanti. Mi raccontavano, mi consolavano, mi inebriavano di vita, mi amavano teneramente, silenziosamente e per sempre. E ora che scrivo poesie e storie, so che lo devo alla Terra, alle mie montagne.
MAPPA ALTOPIANO SELVINO-AVIATICO
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